Proxmox Backup

L’integrazione tra Proxmox Virtual Environment (PVE) e Veeam Backup & Replication (VBR) rappresenta un passo significativo per ottimizzare le politiche di backup e recupero. Questo articolo illustra i passaggi chiave per abilitare il plug-in di VBR, a partire dall’architettura del sistema, fino all’installazione e configurazione del plug-in, e all’aggiunta del server Proxmox nella console di VBR.

Si noti che le istruzioni si basano sulla versione Beta del plug-in, pertanto potrebbero esserci differenze nella versione ufficiale.

Rileggendo l’articolo scritto qualche mese fa (disponibile su questo sito al seguente link), credo che chi considera la virtualizzazione una commodity sceglierà PVE per uscire rapidamente dall’incertezza causata dalle scelte commerciali di Broadcom.

Nota 1: PVE è una distribuzione Linux basata su Debian con kernel Ubuntu che consente l’implementazione e la gestione sia di macchine virtuali che di container.

Nota 2: Proxmox è un’azienda Europea con sede in Austria.

In questo primo articolo (di tre) vedremo i passaggi fondamentali per abilitare il plug-in che permette a VBR di realizzare politiche di backup e ripristino.

Chiedete al vostro Veeam SE di riferimento per testare la versione Beta.

Architettura:

L’immagine 1 riporta lo schema di funzionamento dell’integrazione. Il Plug-in è il componente che abilita la comunicazione tra il Backup Server Veeam (VBR) e l’architettura Proxmox.

Nota 3: Il ruolo Proxy (qui denominato Worker) ha il compito di raccogliere i dati  delle VM da proteggere per copiarli  verso il Backup Repository.

Il processo di Backup prevede l’innesco di snapshot e la connessione tra il server Proxmox e  VBR avviene tramite API REST.

Immagine 1

Una volta installato il plug-in sul server VBR è necessario:

  1. Dalla consone di VBR all voce Backup Infrastructure aggiungere il server Proxmox (immagine 2 e 3).

Immagine 2

Immagine 3

2. Nelle successivle immagini (dalla 4 alla 9) sono mostrati i semplici passaggi per aggiungere l’architettura PVE nella console di VBR.

Immagine 4

Immagine 5

Immagine 6

Immagine 7

Nota 4: E’ possibile selezionare lo storage ove le snapshot verranno salvate.

Immagine 8

Immagine 9

Al termine è possibile effettuare immediatamente il deploy del worker (proxy). Il vantaggio è quello di accelerare il processo di backup (immagine 10).

Immagine 10

Nota 5: Per chi proviene dal mondo VMware è esattamente come abilitare il metodo di trasporto virtual appliance.

In quest’ultima fase è possibile configurare su quale host effettuare il deploy del worker, quale storage utilizzare (immagine 11), quali risorse assegnare (immagine 12) e su quali reti operare (immagine 13, 14 e 15 ).

Immagine 11

Immagine 12

Immagine 13

Immagine 14

Immagine 15

Dopo aver controllato che tutte le configurazioni soddisfino le desiderate (immagine 16), cliccando su finish il setup è completato.

Immagine 16

Nel prossimo articolo vedremo come configurare i job di Backup.

VMware Broadcom – Cosa fare ?

Broadcom's Acquisition of VMware Closed: What Now?

Broadcom ha dato una grande scossa al  2024.

Dagli ultimi rumors, sembra che il licensing della appena acquisita VMware verrà pesantemente rivisto.

Uno dei primi risultati è che molti clienti si chiedono cosa sia giusto fare.

Non ho la pretesa di conoscere la risposta corretta.

Ho effettuato alcune riflessioni che mi hanno portato a pensare a quattro futuri scenari  dei quali vi parlerò nel presente articolo.

  1. Il cliente continua la collaborazione con VMware/Broadcom.
  2. Il cliente sostituisce la tecnologia Hypervisor.
  3. Il cliente migra il proprio datacenter verso un Hyperscaler o  un Service Cloud Provider Locale.
  4. Il cliente trasforma il proprio Datacenter in un  “Datacenter as a Software”.

Per ogni scenario andrò ora a descrivere i macroscopici pro e contro.

1. Credo che il desiderato di Broadcom sia quello di semplificare il più possibile il licensing al fine di avere a portfolio soluzioni snelle e semplici da proporre.

Ciò implica eliminare alcune delle soluzioni ora presenti per concentrare le  energie unicamente su quelle a maggior rilevanza d’uso e guadagno.

Ora vi domando: Le soluzioni VMware ora presenti nel vostro datacenter sono quelle strategiche anche per Broadcom?

E ancora, siamo certi che l’ottimizzazione Broadcom non toccherà il dipartimento R&D di VMware che sviluppa le soluzioni divenute ora strategiche?

E non per ultimo, quale sarà il prezzo per poter rimanere nell’ecosistema Broadcom-VMware?

2. La prima sfida è quella di fornirsi di strumenti in grado di migrare le VM da una tecnologia HyperVisor all’altra.

La seconda è quella di proteggerle.

(NDR. Meno male che Veeam Backup & Replication permette di realizzare con un solo strumento entrambe le cose 🙂 )

Aggiungo, che bisognerà essere anche fortunati nello scegliere un vendor che non sia nel mirino di una nuova Broadcom, perché finire nello stesso giro dantesco sarebbe diabolico.

Pensare ad una tecnologia open-source based?

3. Il modello degli Hyper-Scaler è quello di fornire una serie di servizi  personalizzabili.

Spesso sento qualcuno affermare che esistano dei “costi nascosti”.  Non è vero, sono tutti ben illustrati, solo che capirli preventivamente è spesso molto difficile.

Avrà quindi particolare importanza la fase di creazione del progetto di migrazione che dovrà essere particolarmente accurata al fine di non ritrovarsi brutte sorprese  a fine mese .

4. Data Center as a Software è sinonimo di un’architettura Cloud Native.

Ciò implica riscrivere applicazioni e servizi in modo tale che siano  indipendenti dal HyperVisor.

E’ il nuovo approccio che negli anni diventerà un comune standard per scrivere codice.

Nel sito troverete una serie di articoli sul mondo Container e kubernetes ai quali vi rimando.

Tante domande, una sola risposta giusta?

No, credo che la migliore strategia sia quella di ricercare il miglior bilanciamento nell’utilizzo delle diverse opzioni disponibili, per arrivare a regime con la soluzione che si adatta al meglio alle necessità della vostra azienda in un corretto bilanciamento tra costi e benefici.

Ultima nota: Non dimenticate mai di aggiungere dei piani di formazione del personale perchè il training on the job in scenari particolarmente complessi NON è mai la via migliore per rendere sicuri i vostri sistemi ovunque questi siano

XFS – Allargare il file system immutabile

In ambiente Veeam Backup & Replication può essere necessario espandere lo spazio allocato di un repository Linux.

Nel mio ambiente è presente un server Ubuntu 22.04 al quale è stato aggiunto  un secondo disco (dev/sdb), formattato come xfs e reso disponibile come mount point /mnt/backup/ .

Il server è utilizzato in modalità hardened repository (immutabilità)
(https://helpcenter.veeam.com/docs/backup/vsphere/hardened_repository.html?ver=120).

Vediamo la semplice procedura:

  • I pacchetti da installare sono cloud-guest-utils e gdisk:
    “sudo apt -y install cloud-guest-utils gdisk”
  • Per scoprire la struttura del file system utilizzate il comando:
    “sudo lsblk”

      • Il risultato mostra sizing, mount point del file system del server ubuntu:
        NAME                      MAJ:MIN RM  SIZE RO TYPE MOUNTPOINTS
        sda                         8:0    0   16G  0 disk
        ├─sda1                      8:1    0    1M  0 part
        ├─sda2                      8:2    0  1.8G  0 part /boot
        └─sda3                      8:3    0 14.2G  0 part
           └─ubuntu–vg-ubuntu–lv 253:0    0   10G  0 lvm  /
        sdb                         8:16   0  100G  0 disk.                                                                     └─sdb1                      8:17   0   80G  0 part /mnt/backup
        sr0                        11:0    1 1024M  0 rom 
  • Per scoprire se il file system ha spazio ulteriore da allocare:
    “sudo growpart /dev/sdb 1”

    • Il risultato mostra la voce changed
      CHANGED: partition=1 start=2048 old: size=167770079 end=167772126 new: size=209713119 end=209715166
  • Il comando finale che allarga il file system è: sudo “xfs_growfs /mnt/backup/”
  • Verificate il risultato attraverso il comando già visto: sudo lsblk”

Veeam Disaster Recovery Orchestrator – Creazione del piano

Siamo arrivati all’ultimo articolo sul Veeam Disaster Recovery Orchestrator versione 5.

In questa ultima parte concentreremo gli sforzi fatti in precedenza e consultabili nel presente sito, per realizzare il piano di Orchestrazione del Disaster Recovery.

Dopo aver effettuato il login, la dashboard illustra lo stato dei piani realizzati (immagine 1).

Immagine 1

Notate che a differenza della versione VDrO precedente, è possibile filtrare i piani in base agli “scopes” (immagine 2).

Immagine 2

Una seconda e utilissima novità della versione 5 è la presenza della voce inventory (immagine 3), dove vengono riportati i VM Groups.

Tale opzione verifica immediatamente che nello “scope” scelto vi siano il gruppo di VM che realizzeranno il piano di DR.

Immagine 3

L’immagine 4 riporta i dettagli dei piani di Orchestrazione già creati.

Immagine 4

Vediamo ora come creare un piano:

Dal menù manage selezioniamo la voce New (immagine 5).

Immagine 5

E proseguendo con il wizard, inseriamo un nome (immagine 6), lo scope (immagine 7) e la tipologia di piano (immagine 8).

Immagine 6

Immagine 7

Immagine 8

Dopo aver aggiunto il gruppo di VM da porre sotto orchestrazione (immagine 9, 10 e 11)

Immagine 9

Immagine 10

Immagine 11

E’ possibile personalizzare le opzioni di Recovery, (ad esempio se processare le VM in modalità parallela o  sequenziale) (immagine 12).

Immagine 12

Aggiungo ora gli step necessari alla realizzazione del piano (nell’esempio come prima attività del piano è stato aggiunto lo spegnimento della VM di produzione ) (vedi immagini 13, 14, 15 e 16).

Immagine 13

Immagine 14

Immagine 15

Immagine 16

Il wizard si conclude con:

  • L’opzione di  porre sotto Backup le VM che sono state avviate durante il piano di DR (immagine 17)
  • I valori di RTPO che dovranno essere rispettati affinchè il piano possa essere eseguito (immagine 18)
  • La scelta della lingua del template da utilizzare (immagine 19)
  • L’ora alla quale i report saranno automaticamente generati (immagine 20)
  • Se creare immediatamente il report readiness (che verifica tutti i componenti del piano) (immagine 21)

immagine 17

immagine 18

immagine 19

immagine 20

immagine 21

Ora è possibile testare e successivamente avviare i piani di orchestrazione

Creatività, Ginnastica e Gesti. The Italian way

(Articolo semiserio su una delle caratteristiche di noi Italiani)

  1. E’ giustificabile l’atavica pigrizia di noi Italiani a praticare sport?
  2. Al tempo stesso è possibile dare un senso al nostro colorito modo di comunicare?

Presentare un’ unica risposta risulta difficile dato che le domande sembrano trattare due argomenti distinti.

Ma è proprio così?

Iniziamo con il tema ginnico-sportivo:

Noi Italiani siamo un popolo notoriamente non incline alle attività sportive (ma più a quelle “extra-sportive” 🙂 ).

Se nelle culture asiatiche la cura del proprio spirito passa attraverso rituali ginnici quali ad esempio in Cina il Taijiquan, noi uomini e donne  dal lungo stivale abbiamo una qualche disciplina ginnico-spirituale per muovere i nostri muscoli?

Si,  pensiamo alla preghiera, dove i fedeli esercitano bicipiti femorali, il grande gluteo, il quadricipite e il polpaccio quando in segno di devozione e ubbidienza si inginocchiano.

Unendo inoltre i palmi delle mani, vengono allenati anche avambracci, bicipiti e tricipiti.

E’ una disciplina con una storia di due millenni,  figlia della spinta nella fede cristiana che negli ultimi decenni con lo scemare della passione religiosa è sempre meno praticata.

I nuovi tempi sono divenuti gli stadi che di domenica vedono 22 Semi-Dei giocare a calcio.

Dalle tribune le migliaia di spettatori festeggiano con balli ed urla il risultato dei 90 minuti, creando così una nuova tipologia di ginnastica-spirituale (Figura 1)

     Figura 1

Ma i luminari delle scienze ginniche affermano che qualsiasi attività sportiva debba essere praticata più volte durante la settimana.

Il Calcio “Aiuta“?

Visto che ogni 3 giorni si susseguono partite di ogni valore sembrerebbe di si.

L’unico inconveniente è che il rapporto costo/beneficio è economicamente così svantaggioso che tale attività non può essere annoverata a sport di massa.

Nota1: C’è chi sostiene che alzarsi di scatto dal divano mentre in TV la propria squadra segna il goal decisivo sia un momento ginnico. Non è proprio vero dato che:

  1. Non è detto che la propria squadra vinca sempre le partite. (non siamo tutti tifosi del Chelsea, Manchester City, PSG, Real Madrid ………)
  2. Il gesto sportivo (scatto) viene sempre minimizzato dalla presenza nelle mani di birre patatine e tramezzini….
  3. Gli abbonamenti mensili delle pay-TV sono spesso onerosi (Dazn, Sky, TimVision …) e non adatti a tutte le tasche.

Abbiamo quindi perso la partita con le culture orientali?

La genialità Italica risponde con tutta la sua forza urlando all’unisono NO!

Sono millenni che noi Italiani abbiamo aggiunto alla comunicazione verbale una serie di movimenti ginnici che sono divenuti distintivi della nostra cultura.

Parliamo dei celeberrimi “Italian Gestures”  che rendono i messaggi tra gli interlocutori più chiari dato che ne rafforzano la sfumatura del significato.

Pensiamo al classico “Che vuoi” (figura 2)

Figura 2

che diviene quasi una minaccia se le mani diventano due (figura 3)

Figura 3

Ne esitono di migliaia, una buona raccolta iniziale è rappresentata dalla figura 4:

Figura 4

Alcuni sono così divertenti e completi che sono stati riportati in una GAG comica del 2011 dal compianto attore/insegnante Joan Peter Sloan:

Ora la domanda cruciale:

Possono i gesti essere una forma di ginnastica in grado di rispondere alle necessità quotidiane di movimento?

Se diamo per scontato che siano degli esercizi completi (qui la scienza non ci aiuta), allora dobbiamo conoscere quanti gesti vengono fatti quotidianamente.

Secondo theguardian il numero è pari a 250, confermando quindi che “the gesture world” sono una palestra gratuita!

E’ inoltre una tecnica così ben sviluppata, che può essere utilizzata senza aver di fronte alcun interlocutore, (ad esempio durante una chiamata telefonica con le auricolari) e che può essere praticata in qualsiasi luogo, (dalla propria casa a un parco pubblico), su qualsiasi mezzo, (dalla propria auto ad un bus oppure ancora in aereo)

Immagino il nuovo motto delle scuole di italiano per stranieri:

Imparate l’italiano, avrete da guadagnarne in salute!

Finalmente possiamo ora rispondere alle domande iniziali, asserendo che i gesti sono una tipologia di ginnastica che aiuta inoltre a migliorare la propria  comunicazione rendendola ancora più efficace.

Il gesto che considero più “divertente“?

E’ quello descritto così bene dall’attrice Jessica Chastain in un intervista del 2018 nel programma “The Late Show with Stephen Colbert” al minuto 4:00. Una bellissima performance. Grazie Jessica!

09-04-21 Classifica Allievi ASD Monza

Rank Pair # Names %
1 8  Croci Alessandro, Capra Annamaria 62,50
2 4  Beretta rosamaria, Auricchio Sergio 59,90
3 14  Antonio Scarati, Gaburri Elio 56,77
4 3  Rovelli Mauro, Gabriele Mariani 55,21
5 7  Giorgio Nobili, Perosini Silvia 53,65
6 2  Guastamacchia Giselda, De Bernardinis A. 52,08
7= 1  Lissoni Elio, Roberto Licini 51,56
7= 13  Mussetti Silvana, Zanchi Luciano 51,56
7= 6  Salomea Pawlina, Pasquale Bellusci 51,56
10 12  Cristiano Magnabosco, Mazza Silvana 49,48
11 9  Davide Russo, Orianna Marzi 43,75
12 10  Stefania Melesi, Donatella Paolatti 38,54
13 5  Yahya Safadi, Angela Taddeo 37,50
14 11  Perego Ornella, Pasolini Donatella 35,94