by Sergio Invernizzi
E’ con vero piacere che mi accingo a curare questa rubrica dopo ripetute sollecitazioni da parte di Federica. Solleticato e blandito nelle mie pulsioni pseudo-letterarie, ho accettato infine di buon grado di scrivere su questo blog confezionato in senso grafico dal solerte Gabriele. Un grazie anche all’arguto amico Giorgio Levi.
I contenuti di queste pagine sono nello spirito del motto della Federazione Italiana Gioco Bridge: Bridge, Hobby, Sport e Cultura però ribaltati, Cultura, Sport, Hobby …. e Bridge (con una certa presunzione).
In questo primo numero vi voglio raccontare quali sono state le nostre radici bridgistiche nei lontani anni ‘60.
Luogo: Società Canottieri Lecco che all’epoca ospitò per un certo tempo il Circolo Sociale che aveva sede nell’immobile del Teatro della Società in ristrutturazione. L’incontro fra giovani studenti liceali e universitari con anziani signori reduci da frequentazioni anglosassoni di matrice bellica produsse una sorta di università del gioco delle carte. Un corso propedeutico che a partire da Scala 40, Ramino, Tressette (ciapasi – ciapanò), Terziglio, Quintiglio, Poker, Telesina (Teresina nell’accezione nostrana) in progressione gerarchica sfociò fatalmente nel bridge con un sistema licitativo alquanto grezzo (tipo acol: dichiaro quello che penso di fare) con qualche variante raffinata del tipo ‘fiori canottieri’ (fiori forte con risposte a scalini 1♦ = 0-6 – 1♥= 7-8 etc.); a fronte quindi di dichiarazioni alquanto naif dei praticanti (1NT→ 3NT→ 6NT oppure 1♦ → 5♦ → 6♦) vi era una capacità di concentrazione, di presenza al tavolo e di gioco e contro gioco della carta sicuramente di buon livello, maturati in quel corso di studi dianzi esposto.
Insomma, con una metafora rapportata al mondo della Formula 1, piloti eccellenti (gioco della carta) che guidano semplici 500 (sistema licitativo).
Un mondo frequentato tassativamente da soli uomini: il genere femminile era confinato solo in una realtà surreale del tipo rappresentato nella vignetta.
Maschilismo imperante !by Giogio Levi
La tipologia del giocatore medio era quella classica, incontrata ripetutamente negli anni a venire in tutti i circoli e i tornei: colui per il quale la tecnica più sopraffina consisteva non nel dichiarare quel che effettivamente aveva, bensì ciò che non possedeva e a maggior vanto, portare a casa un 3NT soltanto perché evitato l’attacco in quel seme. Forse per costoro dichiarazione nel bridge e dichiarazione dei redditi procedono di pari passo!
Altra figura rappresentativa era il giocatore che sceglieva il contratto non in funzione delle maggiori o minori probabilità tecniche, ma in relazione al fatto di poter giocare personalmente la mano; e quindi, con le stesse carte, giocare 4♠ se nominate prima da lui, 3NT se le picche venivano nominate prima del compagno.
E dove mettiamo il pensatore folle?
Le lunghe meditazioni non in rapporto alla massa neuronale, ma per vizio, sostenute da quei gesti ogni qualvolta si doveva dichiarare o rimettere una carta dopo la presa, con tecnica ripetitiva consistente nello sfilare una carta dalle altre, tenerla sospesa a mezz’aria, rimetterla di scatto fra le altre e riprendere pensamenti prolungati, interrotti solo dai sagaci commenti degli astanti (“più pensi e più ca…..!”).
E l’angolista logorroico, esperto commentatore di fine mano che, dopo aver visionato la distribuzione di tutte le carte, sottolineava errori e citava percentuali.
L’ambiente intriso di fumo di Marlboro e di vapori da superalcolici che generavano in me, giovane studente di medicina, uno stupore pieno di interrogativi su come la capacità di attenzione e concentrazione non si inficiasse in rapporto al whisky assorbito.
La parte agonistica consisteva nella classica choutte a 5 in partita libera con un linguaggio bridgistico a volte raffinato come squeeze e doubleton, intercalato con varianti nostrane come gli scighez (leggi chicane).
Per oggi basta ricordi ……
Per gli inguaribili amanti di questo sport (o alambicco?) mentale è sempre piacevole assistere e commentare qualche smazzata particolare.
E’ noto che, come in tutte le discipline agonistiche, esistono delle gerarchie consolidate sia di gruppo che di coppia, tali che il presunto più forte abbia (quasi) sempre ragione. Ecco una breve storia tipica fra il partner e lo scrivente:
Dopo l’apertura di 3♥ in barrage di ovest giungiamo in partita libera al contratto di 6NT.
Attacco K♥, Est scarta ♣, ed io prendo con l’Asso ed incasso 5 giri di ♦. Ovest e il morto, dopo aver risposto, scartano le ♥, Est dopo aver risposto due volte scarta 3 ♣.
Incasso Asso e K di ♠, su cui tutti rispondono e cerco di contare la mano avversaria; Ovest era partito con 3♦, 2♠ e 7♥. Quindi la tredicesima carta doveva essere o una ♣ o una ♠.
Se era una ♠, l’impasse a ♣ su Est era una certezza, se invece era una ♣ la possibilità che NON fosse la Q erano ancora 7 a 1 in mio favore. Forte di questa brillante analisi, gioco piccola ♣ dal morto passando il J … e con mia sorpresa (e brivido del pubblico) vado 4 down perché la smazzata era la seguente:
Deep Finesse hand file for downloading
Mentre mi lamento della cattiva sorte, il mio partner, superato lo sconcerto del 4 down, mi fa notare: ” Non sarebbe stato meglio mettere in mano Est con la quarta ♠ ?”. “Non sarebbe servito a nulla” ribatto “perché se Est avesse avuto la Q di ♣, sarei rimasto bloccato”.
A questo punto avete notato il mio errore?
Perfidamente il mio partner continua: “Bloccato? Io avrei incassato il K di ♣ invece di fare quell’impasse idiota! Se ovest scarta ♣, io incasso la Q di ♠ e poi gioco ancora ♠ dal morto scartando il J di ♣. Est è costretto in presa e deve giocare verso la forchetta A e 10 di ♣ del morto e tanti saluti”.
Dopo questa bella spallata alla gerarchia di coppia, ecco un buon consiglio: Contate sempre la mano … ma poi giocate con intelligenza!!!
Buon Bridge