IL SALOTTO BUONO PARTE I – II – III

PARTE I

by Sergio Invernizzi

Mi ha sempre affascinato quando, nella letteratura ottocentesca, ho incontrato il salotto buono: luogo di incontro, di conversazione, di giochi, di nuove o consolidate amicizie.

Mi sono soffermato ad immaginarne l’ambientazione e le caratteristiche.

Certo si trovava nella parte migliore del palazzo laddove potevano prepotentemente affacciarsi le preziosità dell’ambiente naturale circostante; certo le persone, incontrandosi formavano una piccola preziosa comunità coltivando soprattutto l’amicizia.

Nessuno poteva sentirsi solo; era inesistente l’indifferenza per le altrui ambasce; mi convincevo altresì che gli abituali frequentatori esercitassero le loro capacità naturali mantenendo così viva la mente sollecitata dall’esercizio competitivo dei praticanti i giochi del tempo, sicchè poco contava anche l’età delle persone vivacizzate dal confronto che sempre veniva in vario modo esercitato.

Mutati i tempi e modificatosi il modo di vivere la quotidianità mi sono chiesto: qualcuno ha colto l’eredità di ciò che offriva il salotto buono? la risposta ve la darò al prossimo appuntamento perché qui ci sta bene un po’ di suspance.

PARTE II

So che, con il passare del tempo, molte vecchie usanze si pietrificano ma, come i corsi e ricorsi storici, anche gli usi e costumi tendono col tempo a riemergere rinnovandosi.

Certo, ma nello stile architettonico e ambientale pratico e funzionale senza nostalgia per l’orrido “rococo”.

Così è: posso perciò rivelarvi che i salotti buoni sono rifioriti, con le loro belle abitudini conviviali ed un consolidato rapporto umano e…… naturalmente le intramontabili carte da gioco.

Esistono: e si moltiplicano, facendo gara nel promuovere iniziative di beneficenza e, come da tradizione, consolidano le amicizie.

E se vuoi conoscerne uno non darmela da bere! se hai cliccato qui sai già dove si trova.

PS: come nei più preziosi salotti di una volta, quale quello di casa Cangiosa incontrerai anche qui una simpatica bestiola che dopo la sua padrona………. era la bestia di maggior riguardo (mi scuso: ma il colpevole è Carlo Porta) .

PARTE III

Da alcuni soci mi viene chiesto perchè, citando nel “salotto buono”, una frase  del noto poeta milanese Carlo Porta, io abbia indicato con il nome di “Cangiasa” la famiglia della famosa marchesa, padrona della cagnolina Lilla (pronuncia “Lila”) mentre, nei testi più recenti ed attuali, la nobildonna presa di mira veniva indicata come appartenente alla famiglia “Travasa”.

La domandata è lecita: il fatto è che, alla morte del Porta, avvenuta nel 1821, il suo grande ed intimo amico Tommaso Grossi raccolse e riordinò gli scritti del Poeta e nella circostanza, poichè nella città di Milano la famiglia “Cangiasa” godeva di grande notorietà, operò la sostituzione del cognome della marchesa in quello di “Travasa” per non urtare la suscettibilità di un casato potente e di grande lignaggio.

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